la Gaia Scienza – La rivolta degli oggetti
Testo: di Vladimir Majacovski con testi di Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari, Alessandra Vanzi
Regia: Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari, Alessandra Vanzi
Interventi scenografici: Gianni Dessì
Con: Dario Caccuri, Lorenzo Garofalo e Zoe Zolferino
Tecnico: Tiziano Di Russo
Sarta: Gloria Margarita Humàn Rojas
Assistente di produzione: Ottavia Nigris Cosattini
Produzione: Fattore K. 2019
in coproduzione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Romaeuropa Festival e Emilia Romagna Teatro Fondazione
Si ringraziano Tiziano Terzoni e Antonio Iodice
Nel 1976 si rivelava al pubblico una compagnia di giovani artisti, La Gaia Scienza, con uno spettacolo dirompente che affascinò subito spettatori e critica: La Rivolta degli Oggetti.
Il rapporto tra poesia e rivoluzione, tra rivoluzione sociale ed estetica, tra avanguardie storiche ed arte contemporanea si distillavano un’ora di pura poesia. Lo spettacolo trovava l’essenza di gestualità e parola, di slancio ed energia, in una sintesi tra teatro danza ed arte visiva di grande impatto emotivo e leggerezza.
Il modo stesso di creare lo spettacolo, che partiva da un’idea di forte individualità e di totale collaborazione senza la divisione di ruoli era parte della sua struttura. Così lo spettacolo non era solo un racconto sulla libertà, e sull’utopia della trasformazione del mondo, ma anche il frutto di un processo artistico libero ed in costante trasformazione.
NOTE DI DRAMMATURGIA
Il desiderio di riproporre La rivolta degli oggetti, primo spettacolo della Gaia Scienza dopo così tanti anni dal suo debutto il 24 marzo 1976 al Beat 72 nasce dal fascino della sua struttura estremamente leggera e non codificata: l’ora esatta della sua durata erano ripartiti unicamente in una prima parte di quaranta minuti di movimenti e luci di taglio date da diaproiettori senza immagine e successivi venti successivi sulle corde stese nello spazio e luci al neon.
Non c’erano ruoli definiti, personaggi e interpreti, il testo stesso – una selezione di frasi dalla tragedia di Majacovski – era ‘materiale non verbale’, da prendere e lasciare, ripetere o omettere, in liberissima e continua improvvisazione.
Lo spazio era affidato alle nostre sensibilità individuali, alla capacità di generare, ogni sera in modo differente, associazioni e dissociazioni, nella velocità dei corpi e degli sguardi, dei movimenti, in dialogo con con lo spazio e i pochi oggetti.
Impensabile quindi ‘rifarla’.
Nel decennale cammino della Gaia Scienza, siamo arrivati con gli ultimi due spettacoli, Gli insetti preferiscono le ortiche e Cuori strappati, a creare delle partiture molto precise, che – quelle sì – si potrebbero agevolmente ricreare (al di là di un ben più gravoso impegno nel ricostruire l’ambientazione naturale degli Insetti, o la complessa macchina scenica dei Cuori). Ma ci è parso più interessante riandare a quel momento nietzschianamente aurorale per ragionare di nuovo insieme, anzitutto tra noi tre, dopo trentacinque anni di strade e percorsi separati, su quel lavoro che per ognuno di noi ha costituito un punto di partenza importante, fondante.
Era un esito di un rapporto di amicizia e di affinità d’interessi e gusti, l’elaborazione di uno stile e di un linguaggio comune, fisico e mentale assieme, un percorso di prove e di vita insieme, in una dimensione di grande libertà, nella quale ognuno trovava il suo spazio, i suoi tempi. Senza una regia, né di uno né di tutti. Cosa che sembrava e sembra strano, al limite del concepibile.
Se quindi una ricostruzione filologica è impensabile, perché equivarrebbe a rifare ciò che non veniva replicato, riprodotto di sera in sera, ma di sera in sera piuttosto prodotto nuovamente (cosa ben diversa), quello a cui ci accingiamo è creare le condizioni per trasmettere un’esperienza, reinventando il gioco scenico, utilizzando alcuni dei materiali originari (le parole di Majacovski, l’idea di sospensione, i rimandi di frammenti di spazio tramite specchi rotti, qualche oggetto, qualche taglio di luce, qualche brano registrato), consegnando a dei giovani attori e danzatori gli oggetti da rivoltare, che sono appunto quei materiali – ed eventuali altri – ma anche i concetti, i pensieri, gli stimoli che erano tutto il non-detto dello spettacolo, la sua sostanza immateriale.